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Krishna, il Signore del paradosso

Krishna, il Signore del Paradosso

Come può Dio essere in ogni cosa e non in ogni cosa?
Una breve analisi della Bhagavad-gita 9.4, 9.5 e 9.6

di Satyaraja Dasa

 

krishna

La Bhagavad-gita è uno degli eterni testi di saggezza del mondo. Poiché offre la conoscenza della Verità Assoluta, alcuni suoi versi sono di difficile comprensione. Pochi sono difficili quanto i versi quattro e cinque del capitolo nono: “Questo intero universo è pervaso da Me, nella Mia forma non manifestata. Tutti gli esseri sono in Me, ma Io non sono in loro. Tuttavia niente di ciò che è creato è in Me. Guarda la Mia potenza mistica! Sono il sostegno di tutti gli esseri viventi, sono presente in ogni luogo, eppure non sono parte di questa manifestazione cosmica in quanto Io Stesso sono la fonte della creazione.” Che cosa intende dire Krishna? Innanzitutto Egli afferma di pervadere l’universo nella Sua forma non manifestata (avyakta murti o Brahman). Abbastanza chiaro: Dio è onnipervadente. Poi Krishna dice che tutti gli esseri sono in Lui. Va bene, se Egli è ovunque, allora tutti gli esseri sono in Lui.

Nessun problema, ma poi c’è qualcosa che lascia perplessi: Egli afferma di non essere in loro. Questo è l’inizio della parte difficile. Chiunque abbia anche occasionalmente studiato la Gita – in particolare la Bhagavad-gita Così Com’è di Srila Prabhupada – sa che Dio è in ogni cosa come Anima Suprema, conosciuta in sanscrito come Paramatma. Allora che cosa intende dire Krishna con le parole “Io non sono in loro,” se la Sua presenza in ogni cosa viene confermata in tutta la letteratura vedica? Dopo aver negato la Sua presenza in tutti gli esseri, Egli afferma che tutto non è in Lui. Questo è in forte contraddizione con la Sua affermazione del verso precedente, in cui dichiara l’opposto. Perfino Baladeva Vidyabhusana, il famoso commentatore Gaudiya Vaisnava del diciottesimo secolo, afferma che questa è una contraddizione e chi studia seriamente la Gita deve chiedersi: “Come si potrebbe risolvere questa contraddizione?”

In verità Baladeva suggerisce che quando Krishna afferma “Guarda la Mia potenza mistica” (pasya me yogam aisvaram), sta cercando di risolvere questa contraddizione. Baladeva afferma però che questa non è una vera soluzione, ma piuttosto l’attestazione che in realtà le parole umane non possono spiegare il Signore: Dio ha una potenza inconcepibile (acintya-sakti). Ovviamente Dio non è limitato dalla nostra logica materiale. Egli è il creatore della logica e come tale la trascende. Perciò Egli è il Signore del paradosso. Secondo il dizionario, un paradosso è un’apparente contraddizione che tuttavia è vera; è qualcosa che mostra aspetti inesplicabili o contraddittori.

Ecco un esempio tratto dall’opera della poetessa Mary Shelley: “Il silenzio della mezzanotte, per la verità, sebbene possa apparire paradossale, risuonava nei miei orecchi.” Troviamo un esempio particolarmente chiaro della natura paradossale di Krishna nella Sri Isopanisad (Mantra 5):

“Il Signore Supremo Si muove e non Si muove. Infinitamente lontano, Egli è anche molto vicino. Presente in ogni essere e in ogni cosa, Egli è all’interno e anche all’esterno di tutto ciò che esiste.”

Srila Prabhupada nel suo commento spiega: Le affermazioni contraddittorie presenti in questo verso sono la dimostrazione delle inconcepibili potenze del Signore. “Egli cammina e non cammina.” Generalmente, se qualcuno può camminare è illogico dire che non può camminare. Tuttavia in riferimento a Dio, tale contraddizione serve a indicare il Suo potere inconcepibile.

A causa della nostra conoscenza limitata, non possiamo risolvere queste contraddizioni, perciò tendiamo a ridurre il potere del Signore sulla base del nostro limitato livello di comprensione. I filosofi impersonalisti della scuola Mayavada, per esempio, accettano solo le attività impersonali del Signore e rifiutano il Suo aspetto personale. Coloro che aderiscono alla scuola Bhagavata, invece, adottano la concezione perfetta del Signore considerando inconcepibili le Sue potenze e comprendendo che Egli è dotato sia di un aspetto personale sia di un aspetto impersonale. I bhagavata sanno che senza le Sue potenze inconcepibili, l’espressione “Signore Supremo” sarebbe priva di significato. I due versi della Gita in questione, però, sono più che semplici riconoscimenti dell’inconcepibile potenza di Dio. Guardiamo questi versi più da vicino.

Al di là dei Nostri Sensi

Con l’espressione “forma non manifestata” (avyakta-murti), Krishna spiega che sebbene sia sempre presente, noi non Lo possiamo vedere con i nostri sensi grossolani. Il commento di Srila Prabhupada chiarisce questo concetto grazie a un verso del Padma Purana, il quale afferma che la forma, le qualità e i divertimenti di Krishna, tutti di natura spirituale, non possono essere percepiti dai sensi materiali. Prabhupada però aggiunge subito che quando un’anima prigioniera dell’energia materiale si risveglia alla coscienza di Krishna, la piena comprensione e la percezione di Krishna gradualmente si manifestano. In questo verso iniziale Krishna ci parla della Sua simultanea trascendenza e immanenza: Egli è estraneo alla materia e nello stesso tempo ne costituisce il vero fondamento.

Egli ha già fatto riferimento a questa complessa relazione nei versi 7.4-5 della Gita. Egli è distinto dal mondo materiale sebbene esso poggi sulla Sua energia. Egli è la fonte del mondo materiale e lo mantiene, ma non dipende da esso né esso incide sull’essenza della Sua natura. Egli è libero dalla natura materiale, ma essa non è libera da Lui. Questo si allinea bene con il commento di Ramanuja, famoso maestro del decimo secolo, il quale scrive che il verso 9.4 può essere letto anche come segue: “Io sostengo tutti gli esseri, ma non sono sostenuto da loro.” Qui non c’è alcuna contraddizione. I commenti dei grandi acarya spiegano in questo modo il 9.4, ma poi abbiamo il 9.5: “Tuttavia niente di ciò che è creato è in Me.” Una chiara contraddizione come Baladeva Vidyabhusana ha osservato.

C’è un modo semplice per comprendere questo. Krishna ci ricorda qui la Sua trascendenza. Sebbene tutto sia in Lui, almeno nel senso che tutto dipende da Lui, Egli è fondamentalmente distaccato ed è nella Sua dimora aldilà del mondo materiale. Nella sua spiegazione Prabhupada evoca l’immagine di Atlante, che sostenendo il mondo sulle spalle, appare stanco come se fosse in grado di compiere questa impresa solo con un grandissimo sforzo. Krishna non è così, ci dice Prabhupada, il coinvolgimento di Krishna nel mondo materiale non impegna minimamente le Sue energie. Infatti Egli gestisce la materia per mezzo di manifestazioni come il Brahman e il Paramatma, mentre la Sua forma originale rimane libera di godere attività trascendentali nel mondo spirituale.

Per aiutarci a comprendere la Sua inconcepibile e mistica relazione con il mondo materiale, il Signore offre l’analogia del verso successivo (9.6) in cui possiamo trovare una soluzione perlomeno parziale al dilemma: “Come il vento possente che soffia in ogni direzione rimane sempre nello spazio etereo, sappi che tutti gli esseri creati rimangono in Me.” In altre parole, Krishna è lo sfondo che dà significato alla realtà. Egli è come il filo che dà forma e sostanza ad una stoffa. Il cambiamento non può essere percepito senza avere l’immutabilità come sfondo. Un miraggio non ha significato senza lo scenario del deserto, un film non può essere visto senza lo schermo cinematografico. E senza il cielo il vento non saprebbe dove soffiare. Nello stesso modo, sebbene Krishna sia completamente distaccato – non è in tutti gli esseri e tutti gli esseri non sono in Lui – Egli è anche qui presente, sostanzialmente collegato con tutti e con tutto come il fondamento stesso di tutto.

Dilemma Risolto?

Il maestro spirituale di Baladeva Vidyabhusana, Srila Visvanatha Cakravarti Thakura, pone una domanda che potrebbe essere aggiuntiva al problema dell’inconcepibilità di Krishna espressa in questi versi: poiché Krishna ha spiegato sia con analogie sia con la descrizione della Sua acintya-sakti, o potenza inconcepibile, come si potrebbero comprendere questi versi della Bhagavad-gita, non ha già risolto il dilemma? La Sua spiegazione non ha reso concepibile l’inconcepibile? “Se è così” scrive Visvanatha “allora come può il potere mistico del Signore essere inconcepibile come Egli Stesso dichiara dicendo ‘Guarda la Mia potenza mistica’? Dopo tutto ora noi abbiamo un modo concepibile per comprendere la Sua potenza mistica.”

Visvanatha Cakravarti poi risponde alla sua stessa domanda: “L’esempio del cielo viene proposto per dare alle persone comuni un’opportunità di cominciare a comprendere questo argomento.” Qui la parola significativa è “cominciare”. Senza dubbio l’argomento di Dio e delle Sue inconcepibili potenze è proprio così – inconcepibile. Tutto quello che possiamo sperare è un accenno, il gusto di questa inconcepibile verità. In verità Krishna dice che possiamo comprenderLo come Egli è soltanto con il servizio devozionale disinteressato (11-54). Ed anche allora Lo possiamo conoscere solo nella misura in cui Egli sceglie di rivelarSi. Concludendo, diciamo senza dubbio dire che i versi trattati possono essere compresi in un modo semplice e diretto.

Dopotutto Krishna fa una chiara distinzione tra la Sua manifestazione come Brahman, una forza che tutto pervade, e la Sua basilare forma di Bhagavan, Dio, la Persona Suprema. Con la Sua manifestazione impersonale e la Sua energia espansiva Egli pervade la creazione cosmica. Questo è ciò che dice all’inizio di questi versi, tuttavia Krishna rimane distaccato – questo è il Suo modo di rimarcare che la Sua onnipervadenza non coinvolge la Sua personalità trascendentale la quale rimane la vera fonte della creazione. Prabhupada fa riferimento a questo nella sua spiegazione, quando dice: “I sistemi planetari fluttuano nello spazio e questo spazio è l’energia del Signore Supremo, ma Egli è distinto dallo spazio. Egli ha una posizione diversa.”

Perciò tutto è nell’energia di Dio, che è un aspetto della Sua natura che esiste di per sé, ma tutto non è in Lui come Bhagavan, la Persona di Dio, che è completamente “distinta”. Sebbene questi versi possano essere compresi in questo modo, in ultima analisi si riferiscono ai misteri più elevati della natura di Dio e per questo Baladeva Vidyabhusana ne riconosce lo status di contraddizione. Se si contemplano questi misteri sotto la guida di un maestro in coscienza di Krishna, grandi verità si paleseranno gradualmente e Krishna Si rivelerà completamente.

 Satyaraja Dasa, discepolo di Srila Prabhupada, è un collaboratore del BTG. Ha scritto più di venti libri sulla coscienza di Krishna. Vive a New York City.

 

 

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