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Vita reale e vita artificiale

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Vita reale e vita artificiale

A Santa Fè, nel Nuovo Messico, un gruppo di scienziati provenienti per la maggior parte dal laboratorio nazionale di Los Alamos, ha organizzato recentemente una pubblica conferenza sulla "Vita artificiale". Il tema del dibattito, a cui ho partecipato, era che l'essenza della vita non poggia tanto sulla sostanza biologica, quanto piuttosto su schemi di organizzazione ripetibili. Se questa idea è valida, il pensiero corre: le forme di vita potrebbero essere capaci di organizzarsi dai molti differenti tipi di elementi materiali. In particolare la vita potrebbe esistere come una delle possibilità esprimibili dell'attività elettronica di un computer.

Gli organizzatori della conferenza, vestiti con noncuranza, uomini sui trenta o quaranta anni dai lunghi capelli, dicevano che forme di vita artificiale, che si originano dai computers, stanno sviluppandosi anche ora, e può darsi che si evolvano al punto di dominare la Terra. Secondo questa visione, il ruolo evolutivo dell'uomo sarebbe quello di produrre modelli di vita, basati sul silicone, ed alla fine, guardandosi indietro, vedranno l'uomo stesso come un primitivo antenato. I promotori del convegno consigliavano di essere aperti verso queste idee progressiste: dovremmo lasciar perdere il nostro antropocentrismo parrocchiale e dare il benvenuto alle forme di vita progredite da qualunque parte provengano. Ma alcuni tra gli scienziati partecipanti dubitavano che un programma operante su un computer potesse essere considerato in qualche modo vivo.

Il filosofo Elliot Sober diceva in proposito che quando i tecnici producono un ponte simulato in un computer a nessuno mai verrebbe in mente di considerarlo reale: la simulazione non fa altro che darci un'immagine dove i vari dati ci dicono qualcosa su un ponte. Nello stesso modo quindi, quando un computer simula un organismo, abbiamo un'immagine prodotta da dati che ci dicono qualcosa sulla vita, ma non vediamo vita vera e propria.
Tommaso Toffoli, un ricercatore di informatica dell'Istituto di Tecnologia del Massachusetts ha risposto a questo riguardo. Supponete, diceva, che gente simulata guidi auto simulate su un ponte simulato. Se il ponte crollasse, la gente incontrerebbe una morte simulata. I modelli di una simulazione fedele ricalcano i modelli reali. La gente simulata attraversa il ponte simulato proprio come la gente vera attraversa un vero ponte.

E fino a che i modelli, proseguiva il Dott. Toffoli, fossero l'essenza di ciò che realmente succede, potremmo pensare alla simulazione negli stessi termini in cui pensiamo agli originali. In linea di principio, quindi, se una scena reale materiale può mostrare la vita, lo stesso può fare una simulazione. In pracica, chiaramente, i computers di oggi che operano con uno o due processori, sono insufficienti ad assemblare credibilmente modelli di realtà. Ma Toffoli ipotizzava che i potenti computers del futuro saranno organizzati (come cristalli) da un imponente numero di processori micro miniaturizzati, quasi di dimensioni atomiche, che lavoreranno tutti contemporaneamente. Toffoli parlava di questi computers come "materia programmabile". In realtà (anche se Toffoli questo non lo ha detto) potremmo già guardare alla materia con le sue subparticelle atomiche interattive, come ad uno di questi computers.

Seguendo quest'idea, la vita è già una simulazione computerizzata, che si svolge sulla "materia programmabile dell'universo stesso. Ora, se la vita non è altro che una simulazione computerizzata, una serie di stati programmabili, potremmo dire che è essenzialmente irreale. Parole come "fiore, cane" e "umano" altro non sono che nomi, simboli che noi riferiamo a campioni di materia. E questa è in realtà la comprensione che i Veda hanno non della vita, ma del corpo materiale. Nell'undicesimo canto dello Srimad-Bhagavatam, Krishna dice a Uddhava che le forme grossolane e sottili dei corpi materiali non esistono di per se stesse; non sono altro che campioni temporaneamente manifestati di una realtà che esiste in eterno, la Verità Assoluta.

Krishna illustra quest'idea con un esempio: "L'oro esiste prima che lo si trasformi in oggetti d'oro e rimane quando gli oggetti d'oro sono distrutti. La realtà è l'oro in se stesso, anche se poi i vari oggetti assumono diversi nomi. Nello stesso modo Io esisto prima che l'universo venga creato e oltre il suo annientamento, e Io solo esisto mentre viene mantenuto...". "Ciò che non esiste nel passato e non esisterà in futuro non ha esistenza autonoma finchè dura... Qualunque cosa sia creata e rivelata da qualcos'altro non è in ultima analisi che l'altra cosa stessa" (Srimad-Bhagavatam 11.28 v. 19-21).

Possiamo quindi guardare alle forme temporanee dell'universo materiale come a derivati dell'energia di Krishna ai quali sono stati assegnati diversi nomi. Nell'essenza questi modelli, fatti dall'energia materiale di Krishna (bhairanga-sakti), non sono diversi dai raggruppamenti di elettroni che si formano e si dissolvono nel circuito del computer durante una simulazione. Possiamo guardare quindi all'universo materiale come alla simulazione computerizzata ultima, e a Krishna come al simulatore ultimo. Ma se è a questo punto lecito vedere il corpo materiale come una successione di agglomerati instabili, questo non significa che siamo autorizzati a guardare così anche alla vita. Krishna nella Bhagavad-gita (2.20) dice che l'anima, il sé cosciente individuale, esiste in eterno: "Per l'anima non c'è né la nascita né la morte. Esiste e non smette mai di esistere. Non nasce, non muore, è eterna, originale, non ebbe mai inizio e non avrà mai fine. Non muore quando il corpo muore."

La gente simulata di Tommaso Toffoli, sul ponte simulato, manca di un elemento fondamentale: la coscienza. Una serie di computerizzazioni potrà anche simulare i cambiamenti cui il corpo di una persona deve sottostare, compresi quelli del cervello. Ma perché mai stimoli di corrente elettrica dovrebbero generare l'esperienza cosciente di questi cambiamenti? Potrà essere difficile comprendere, si potrebbe replicare, come stati generati elettronicamente possano produrre coscienza degli stessi, ma sappiamo che nei cervelli umani succede così. E perché mai non potrebbe allora succedere a un computer? La riposta è che non abbiamo alcuna evidenza scientifica che provi che stati indotti nel cervello generino coscienza. E capire come tutto questo si svolga nei cervelli sarebbe non meno difficile che capire come mai potrebbe succedere nei computers.

La Bhagavad-gita offre una soluzione semplice postulando che la coscienza nel corpo materiale si manifesta in presenza di un'entità fondamentalmente diversa dalla materia. Viste le difficoltà, filosofi e scienziati, che hanno cercato di definire la coscienza nell'ambito di quanto può generarsi da particolari combinazioni di elementi materiali, dovrebbero pensare a questa soluzione. Se volessimo tentare di adottare questa soluzione potremmo domandarci come potrebbe l'entità cosciente immateriale collegarsi al corpo materiale. Possiamo capire come potrebbe funzionare questo collegamento tornando alla storia del ponte simulato di Toffoli. Come potremmo introdurre la coscienza nella simulazione?

Un modo sarebbe quello di agire in "tempo reale" dove gli eventi simulati si svolgessero di pari passo ai corrispondenti eventi del mondo reale (servirebbe soltanto un computer sufficientemente veloce). A quel punto si potrebbe introdurre la coscienza nella simulazione collegando elettronicamente i sensi della vera gente, cosciente, con i sensi simulati della gente simulata. Le intenzioni della gente cosciente muoverebbero i corpi della gente nel mondo simulato, e la gente cosciente avrebbe la stessa esperienza della gente simulata. Stiamo correndo troppo? Alcuni scienziati nel mondo dei computers ci stanno già lavorando. Il gruppo di ricerca V.P.L. in California sta sperimentando la "realtà virtuale" dove gli occhi, le orecchie e una mano di una persona vengono sovrapposte elettronicamente agli occhi, le orecchie e una mano "virtuali" in un modo simulato. Il soggetto guarda attraverso un visore, due piccoli schermi televisivi piazzati direttamente davanti agli occhi, e vede così nel mondo simulato. Uno speciale guanto legge elettronicamente i movimenti della mano e un altro sensore segue i movimenti della testa. Così si sperimenta il mondo simulato attraverso un corpo simulato, ci si muove in quel corpo e si afferrano oggetti simulati in quel modo.

Se è possibile collegare una coscienza umana con un corpo virtuale, irreale, in un mondo simulato, perché non potrebbe essere possibiIe collegare la coscienza spirituale con corpi allo stesso modo irreali nel mondo materiale "reale"? La filosofia vedica del sankya descrive i processi e i linguaggi di tale comunicazione. Il terzo canto dello Srimad-Bhagavatam spiega come l'energia materiale di Krishna includa un elemento chiamato "falso ego" o ahankara, che si interfaccia con l'anima non materiale. Il falso ego ha la funzione dei visori televisivi e del guanto elettronico che uniscono l'essere umano ad un computer che lavori su un programma di realtà virtuale.

Entrambi i corpi, quello materiale come lo conosciamo dalla letteratura vedica, e quello simulato in un mondo generato dal computer, non sono che aggregati temporali. Ma il sé cosciente, la vera essenza di quell'essere vivente, ha una realtà sostanziale al di fuori del regno dei campioni che mutano. Nella realtà generata dal computer, questo Sé cosciente è un essere umano che non fa parte del sistema elettronico e nella filosofia vedica questo Sé è un'entità trascendentale distinta dalla materia.
Una lezione che possiamo imparare dai pensieri e dagli esperimenti degli scienziati che lavorano sui computers è che questa relazione tra il sé e il mondo materiale è possibile. Può darsi che sia proprio quello che stiamo vivendo.

Sadaputa dasa (Richard L. Thompson) si è laureato in matematica alla Cornell University. Collabora a varie riviste scientifiche ed è anche autore di numerosi libri. Uno dei più famosi è "Cosmografia e astronomia vedica".

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